Paolo Puddu: “Let’s pretend to speak the same language”, 2025

Paolo Puddu, Let's pretend to speak the same language, 2025

Paolo Puddu, Let’s pretend to speak the same language, 2025

note biografiche:
La sua ricerca analizza quei processi e quei comportamenti che intercorrono tra l’umano e il paesaggio circostante. In atteggiamento di dialogo con la specificità dei luoghi, le opere mirano a indagarne gli aspetti politici e sociali, collocandosi all’interno di un’estetica volta a suggerire nuovi sistemi spaziali e concettuali.
Nell’a.a. 2011/2012 studia all’Akademie der Bildenden Kunste di Monaco; nello stesso anno si diploma in Scultura presso l’Accademia di belle arti di Napoli.
Ha partecipato a diverse mostre personali e collettive, residenze e altri progetti tra cui: Detto tra le righe, Museo Madre Napoli 2023/24; Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam 2023; UTOPIA DISTOPIA: il mito del progresso visto dal Sud, Museo Madre, Napoli 2021; there is no time to enjoy the sun, Fondazione Morra Greco, Napoli 2021; Rilevamenti2, Museo CAMUSAC di Cassino, 2020; Cité Internationale des arts residency programme, Parigi 2020; questo progetto non ha un futuro, galleria Raucci&Santamaria, Napoli 2017; opera 2016|Per dormire mi stesi accanto agli assassini, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia 2016/2017; Solar Lottery |Minimax: the M-Game, progetto di Peninsula Dotland, Berlino 2016.
Inoltre, è vincitore di diversi premi tra i quali: Cantica21/Italian Contemporary Art Everywhere/sezione Under35, iniziativa promossa da MAECI(DGSP) e MiBACT(DGCC), 2020; un’Opera per il Castello (V ediz.), progetto promosso dalla Direzione Regionale Musei Campania, con il sostegno del MiBACT(DGCC), Castel Sant’Elmo, Napoli 2015-2017.
I suoi lavori sono presenti in collezioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero.
Attualmente è Dottorando del curriculum Visual Arts and Creative Practices presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli.

note sull’opera:
Due lingue s’incontrano e dialogano, due lingue si toccano e tacciono, due lingue s’intrecciano divenendo presto narrazione dell’inenarrabile, muovendosi in un territorio dove il dire lascia spazio a quella poetica del silenzio che solo un bacio sa generare. Un contatto dal sapore metallico – spazio di frizione e al contempo di complicità – eco di quel bacio tra Bréžnev e Honecker, che offrì al mondo uno sguardo polisemico: iconico, erotico, politico, che divenne presto manifesto di un armistizio.
La lingua, strumento tanto caro ad aedi e rapsodi, custode di memorie collettive e utile per tramandare eredità culturali ai posteri, è qui organo del dire e del desiderare. Nella sua ambivalenza iconografica, attraente e disturbante, seducente e irritante, il lavoro invita a riflettere sulla necessità della relazione con l’altro, ciò che apparentemente lontano, diverso, non traducibile, come unico luogo di crescita.
Esso si pone come critica all’ideologia della globalizzazione intesa come uniformazione culturale, si oppone alla narrazione dominante del capitalismo e alle sue derive sul pensiero unico, rivendicando la necessità delle differenze e della pluralità come valore fondante, riaffermando la ricchezza dell’alterità.
La coesistenza di visioni che non coincidono diviene luogo dell’immaginazione.